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C'è un'ottima legge regionale ma non viene applicata

Troppi randagi in Sicilia

Gli animali abbandonati diventano un pericolo

I recenti episodi di pecore sbranate hanno fatto nuovamente scattare l'allarme sui cani randagi. Il problema è complesso ma la realtà è che il randagismo nella nostra isola tocca punte altissime. La Legge Regionale 15/2000 che regola il randagismo nell'isola è ottima ma, di fatto, del tutto ignorata. È stato stabilito che i randagi dovessero rimanere liberi nel territorio, siano assistiti dalle associazioni animaliste e attraverso il monitoraggio e il censimento fossero sterilizzati, rimessi nel territorio di provenienza, quindi controllati e all'occorrenza curati attraverso le strutture veterinarie dell'Asp. I branchi normalmente andrebbero scongiurati con piccole accortezze che ormai sono divenute monumentali, innanzitutto evitando di deportare nelle periferie delle città e nelle campagne gruppi di cani che inevitabilmente entrano sotto stress poiché quanto sradicati dal loro habitat e non sterilizzati. Da li a sei mesi si forma un branco che si riproduce nell'arco di altri tre mesi e si moltiplica vertiginosamente al punto da non essere più gestibile. Presto gli animali si ritrovano affamati e di conseguenza agiscono come natura chiede. E quindi nascono quei fatti assolutamente incresciosi che mettono a rischio la delicata convivenza tra uomo e animale creando malumori che portano alla fine a continui "mali animi" nei cittadini spaventati dal "fenomeno branco". Molti cani, addirittura, si terrorizzano alla sola presenza dell'uomo dal quale hanno in passato ricevuti botte e maltrattamenti, fino al punto da rispondere alla loro paura con la violenza. Una situazione assolutamente difficile che al punto dov'è dovrebbe essere affrontata con decisione.
I randagi sono una responsabilità dei Comuni dove sono vaganti, che secondo la legge non devono in nessun modo essere accalappiati tranne nel caso in cui dovessero essere feriti o fossero morsicatori, poi vanno rimessi in libertà i soli cani da curare e solo dopo curati e non lasciare che i cani permangono immotivatamente dentro i canili facendo crescere i costi di mantenimento inutilmente. Nel contempo altri cani spariscono da zone più "borghesi" delle cittadine, per poi apparire sconosciuti tra di loro, in altre zone più "popolari", nel frattempo i cani curati e mansueti rimangono in canile, i fondi destinati al randagismo non vengono erogati o ne viene data solo una esigua ed insignificante parte. I canili sanitari sono fantascienza mentre quelli abusivi e non sanitari proliferano. Le amministrazioni, impegnate su altri e più importanti fronti, fanno poco o niente.
Oltre a ciò, gran parte di tutto questo è causato da persone colpevoli di lasciare cani di varia natura e mole, incustoditi. Alcuni, i più fortunati, dopo avere frugato tra le montagne di rifiuti che si cumulano attorno i cassonetti di immondizia, vengono individuati attraverso il microchip e riconsegnati ai proprietari. L'altra causa è l'abbandono. Normalmente dopo le feste o durante le ferie si riempiono le strade di cuccioli cresciuti, cioè quei cani che dopo un breve periodo di permanenza presso una famiglia dove un bambino voleva un giocattolo, vengono portati in luoghi lontani, in modo che non sia possibile il loro ritorno, e lì lasciati. Normalmente questi cuccioli hanno tra i sei e gli otto mesi, non hanno microchip ma in compenso hanno la probabilità nel 90% dei casi di morire, investiti da automobili, affamati o sbranati da branchi che li considerano usurpatori ed estranei. In questo scenario, infine, fanno la loro comparsa i greggi di pecore sbranate ed i cittadini assaliti.

di Stefania Ranieri. Pubblicato in Cronaca il 21/01/2011 Scarica il pdf


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