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L’amara ironia da Open Day con Angela Finocchiaro

Al Metropolitan la coppia con Bruno Stori fa una fotografia impietosa sui nostri tempi e i sui rapporti tra genitori e figli

Angela Finocchiaro (foto di Masiar Pasquali)
Angela Finocchiaro (foto di Masiar Pasquali)

Una stanza circolare con grandi finestre che danno sul blu e un ascensore con le porte rosse fuoco. È questa la scenografia su cui si apre il sipario di Open Day mentre le luci mettono a fuoco Angela Finocchiaro dimessa nell’aspetto che indossa un vestitino verdino, un cappotto rosso con i fiori neri e i collant arancioni. È un colpo d’occhio non c’è che dire, anche mentre si guarda nello specchietto che tiene rigorosamente in tasca riscopre sul suo viso una battaglia che i geni di suo padre e sua madre stanno combattendo sulla sua fisionomia. Una battaglia senza vincitori e vinti purtroppo.
Sul palco insieme ad Angela Finocchiaro c’è Bruno Stori unici protagonisti di una storia che conquista risate ’nsichitanza e che lascia un grande amaro in bocca alla fine dei 75 minuti che hanno inchiodato gli spettatori di un Metropolitan quasi pieno.
Angela e Bruno sono i genitori di una figlia troppo grande per la terza media che ancora frequenta e che sperano di poterla iscrivere in un liceo.
Un liceo all’avanguardia e privato che le dia un attestato e pochi obblighi di studio. E loro sono sì per parlare di questa figlia, delle sue passioni, delle attitudini, dei sogni e di ciò che davvero sa fare. Ed eccoli all’open day durante il quale la compilazione di questo modulo li metterà a confronto con un interrogatorio insidioso su tutta la loro vita che metterà gli accenti sulla loro separazione, sull’educazione che hanno dato a questa figlia, ma soprattutto sulle cose che le hanno concesso portandola a essere quel nulla che loro mai avrebbero voluto: bugiarda, ladra, ignorante e approfittatrice. Quale sia il futuro che la aspetta non è difficile da immaginare.
Il quadro che viene dipinto è patetico, desolante, triste oltre ogni limite e purtroppo fotografa, nella sua immensa ironia, una realtà che è molto molto vicina a quella che investe già da un po’ le nostre generazioni. E la colpa non si può dare a loro, ma va ricercata nell’educazione che viene data dai quei genitori convinti che solo i Sì, ripetuti e rinnovati, daranno ai loro figli un futuro certo e possibile.
Open Day (scritto da Walter Fontana, diretto da Cristina Pezzoli) è uno spettacolo ironico, tagliente e ricco di emozioni, nato da una domanda che ci riguarda tutti: come si guarda al futuro quando non sai bene come comportarti col presente?
@MonicAdorno

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