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La rockband bolognese si destreggia tra il carisma di Clementi e il suono delle chitarre distorto e affilato

I Massimo Volume vanno al “massimo”

Ci sono band, poche per la verità, capaci di rimanere fedeli a se stesse, senza lasciarsi mai stravolgere dalle sirene di fama e successo. I Massimo Volume di Emidio Clementi ne sono un perfetto esempio. La rockband bolognese, sulla scena da oltre un ventennio, passata indenne da uno scioglimento e felicemente ricostituitasi nel 2010, dimostra come il tempo possa non solo non logorare ma anzi elevare il livello di chi rende la propria musica un vero e proprio credo.
Ne hanno dato conferma anche al pubblico catanese, venerdì 7 marzo nei locali di un affollato Barbara Disco Lab. A scorrere dentro gli amplificatori le note, taglienti ed elettrificate, di “Cattive abitudini”, ultima fatica del gruppo partorita la scorso autunno. Un disco ispirato come non mai, forse il migliore di tutta una lunga carriera, carico di pathos dalle tinte come sempre noir, denso di tutto il miglior lirismo esistenziale di Emidio Clementi. Che sul palco dà il meglio sé con una presenza granitica, forte, che ipnotizza il pubblico, enfatizzata dall'alternarsi delle luci blu notte e rosso fuoco dei riflettori. Lo stile, che lo ha reso celebre nel paese, trasformandolo poi in un modello seguito da molte altre giovani band, rimane quello dello “spoken word”, ovvero dei versi declamati più che cantati e canzoni che si caratterizzano come fermoimmagine, spaccati di oscura vita quotidiana di provincia un po' ai margini. Lo show dei Massimo Volume si pone dunque come qualcosa a metà tra il concerto e la performance teatrale, grazie allo sconfinato carisma di Clementi, magistralmente supportato dalle chitarre, ora distorte e affilate ora lisergiche, di Egle Sommacal e Stefano Pilia e dalle mirabolanti ritmiche alla batteria di Vittoria Burattini.
La band bolognese tiene dunque alto lo stendardo del rock made in Italy, unanimemente riconosciuta come una delle migliori realtà del panorama nazionale e tra le poche ad essere sopravvissute mantenendo un'integrità invidiabile. Chapeau.

di (Mar. Sal). Pubblicato in Spettacolo il 14/03/2014 Scarica il pdf


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