Una situazione quella italiana non adeguata al mercato

Lavoro, la lezione di Fiat e Electrolux

Le scelte di Fiat e di Electrolux hanno dato una lezione all’intero sistema italiano del lavoro.
Una lezione basata sulle scelte imposte dalla globalizzazione e dal mercato. Una lezione data ai politici che non riescono ad intervenire dettando nuove regole; ai sindacati che sono arroccati su principi di 40 anni fa, esattamente la stessa distanza temporale che c’è dalla stesura dello Statuto dei lavoratori, a questi ultimi che non possono più dipendere dalle scelte politiche e sindacali. Il costo eccessivamente elevato del lavoro, gli alti prezzi dell’energia, i continui disservizi, le troppe norme e regole, l’enorme carico fiscale, l’incertezza del diritto, la pedanteria dei controlli, la corruzione diffusa, sono tutti elementi che non attirano le imprese straniere ma le fanno scappare.
Una situazione pagata da tutti i lavoratori ma in particolare dai giovani e dalle donne.
Ha scritto, un suo recente articolo, Oscar Giannino: «Un’opinione che purtroppo gode di largo seguito – quando la crisi mette in ginocchio imprese e lavoro o, come nel caso italiano, un intero Paese – afferma che è la globalizzazione a essere ingiusta e inaccettabile, perché mette in concorrenza diretta i lavoratori a più alto costo delle nazioni avanzate, con quelli a minor costo delle nazioni emergenti.
Non è affatto così, ma non si può neanche pretendere che la cosa risulti facilmente chiara a chi si trova personalmente esposto alla minaccia di perdere reddito e lavoro.
Dovrebbero invece essere le classi dirigenti di un Paese, imprese e sindacati, politica e media, a capire che esiste eccome il modo per difendere lavoro e impresa nei Paesi a più alti costi. A patto però di “cambiare la testa”, ognuno per la propria parte».