La vocazione suicida del Pd - Articolo - IlMercatinoSicilia.it

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Mentre Berlusconi riorganizza Forza Italia e si prepara a vincere di nuovo

La vocazione suicida del Pd

Ma Crocetta resiste alla Regione

Il presidente della Regione siciliana Rosario Crocetta
Il presidente della Regione siciliana Rosario Crocetta

Mentre Silvio Berlusconi riorganizza e rilancia Forza Italia, che i sondaggi danno in crescita e già intorno al 26%, il Partito Democratico si logora e macera in guerre intestine. Prima la fronda contro il sindaco di Firenze Matteo Renzi e adesso la dichiarata sfiducia al presidente della Regione siciliana Rosario Crocetta. Ma la storia del Pd e del centrosinistra è piena zeppa di queste situazione, robe da fare impallidire i “franchi tiratori” della Prima Repubblica che agivano in incognito mentre questi lo fanno anche palesemente. Il primo episodio eclatante è il crollo del Prodi I dovuto ufficialmente alla prese di posizione di Fausto Bertinotti, allora segretario di Rifondazione Comunista, ma secondo molto sotto la regia di Massimo D’Alema che subito dopo diventerà Presidente del Consiglio. Romano Prodi è poi vittima di altre due “bischerate”: nel gennaio 2008 quando il suo secondo governo viene spazzato dalle poco lungimiranti dichiarazioni del neo segretario del Pd, Walter Veltroni, e nell’aprile 2013 quando 101 “franchi tiratori” fanno fallire la sua candidatura a Presidente della Repubblica. Questi sono solo i casi più famosi ma chissà quanti se ne sono verificati a livello locale.
Qui, in Sicilia, basti ricordare la sfiducia al sindaco di Acireale Agostino Pennisi nel 1999. Unico sindaco della Città dei 100 Campanelli di centrosinistra negli ultimi 20 anni. E, infine, c’è anche da ricordare l’ostruzionismo, messo in atto con ogni mezzo, nei confronti della candidatura di Enzo Bianco a sindaco di Catania. Una situazione grottesca che ricorda il personaggio comico di Tafazzi ideato da Carlo Turati e interpretato da Giacomo Poretti, componente del trio Aldo, Giovanni e Giacomo, la cui caratteristica principale è il masochismo (per dirla in maniera elegante).
La situazione della Regione siciliana è paradossale. Dopo 12 anni di governi di centrodestra con Totò Cuffaro, un uomo di centrosinistra è andato a governare a Palazzo d’Orleans, Rosario Crocetta parlamentare europeo del Pd. Dopo neppure un anno è lo stesso Pd a muovergli guerra.
«Noi non ci riconosciamo più - ha detto il segretario regionale del Pd Giuseppe Lupo - nell'azione del governo Crocetta. Non ci sentiamo più vincolati a sostenere l'azione di un governo che sta commettendo errori gravi che si ripercuoteranno sui siciliani. La mia proposta: non partecipiamo al vertice di maggioranza sul tema del rimpasto. Un tema che il partito non ha mai posto. Il presidente Crocetta ha fatto anche questo, l'ha buttata in rissa, facendo passare il messaggio che il Pd fosse interessato alle poltrone. Non ci sentiamo quindi rappresentati in giunta dagli assessori in quota Pd. Prendano loro le decisioni conseguenti, sapendo che non rappresentano più il partito nell'esecutivo. Da adesso, valuteremo provvedimento per provvedimento e atto per atto». Il Pd ha quindi chiesto ai suoi quattro assessori che lo rappresentano in giunta di dimettersi: si tratta di Luca Bianchi (Economia), Nelli Scilabra (Formazione), Mariella Lobello (Ambiente) e Nino Bartolotta (Infratrutture). Chi non lo farà rimarrà a titolo personale e sarà deferito ai garanti del partito. Ed i quattro… non si sono dimessi.
Intanto il Pdl ha lanciato l’idea delle grandi intese anche in Sicilia con Vincenzo Vinciullo che ha precisato: «Niente inciuci o accordi sottobanco - conclude Vinciullo - Ma un patto alla luce del sole, seguendo lo schema nazionale che sta dando buoni risultati». E un’apertura arriva anche dal capo dell’opposizione, Nello Musumeci: «Il presidente della Regione venga in aula e dica qual è il nuovo perimetro della sua maggioranza, se ne ha ancora una. Altrimenti faccia un appello istituzionale che vada al di là degli schemi di partito, unisca il parlamento attorno ad alcuni punti prioritari e su quelli chieda la fiducia: solo così potrà sottrarsi davvero a quelli che lui stesso chiama "ricatti" del suo partito».
Alla fine la spunterà certamente Rosario Crocetta e ci sarà da chiedersi: “a cosa è servito tutto questo?”.
Intanto il Cavaliere organizza le sue truppe anche in Sicilia. Da un lato ci saranno quelle “regolari” guidate da Angelino Alfano e da Giuseppe Castiglione (perdonato dopo le imprudenti fasi relative), dall’altro i vecchi nostalgici di Forza Italia, messi da parte e adesso richiamati in servizio con le solite, vecchie promesse.
La situazione non è edificante: da un lato un partito in preda al caos, dall’altro uno che si sta ricostruendo, in mezzo e ai lati gruppi che non sanno ancora come organizzarsi. Unico riferimento certo della politica siciliana? Quattro nomi: Rosario Crocetta, Enzo Bianco, Leoluca Orlando e Renato Accorinti. Per dirla con Franco Califano «tutto il resto è noia» se non addirittura danno.

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