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Lo Statuto siciliano e la forza dell'autonomia (vera)
Quale presidente della Regione?
Tra poche settimane la scelta
Giuseppe Alessi, primo Presidente della Regione siciliana
"Meno di una nazione, ma più di una regione". Così lo storico Giuseppe Giarrizzo sintetizzava la complessa realtà siciliana, da oltre sessant'anni in bilico alla ricerca di un'autonomia regionale da un lato, prigioniera, dall'altro, della forza accentratrice dello Stato italiano. Dal primo Presidente della Regione Siciliana e padre dello Statuto Giuseppe Alessi all'ultimo Raffaele Lombardo, passando per personalità importanti nel panorama storico dell'isola come Finocchiaro Aprile, Canepa, Milazzo, Nicolosi, la storia della Sicilia sembra seguire un leitmotiv tornato alla ribalta negli ultimi anni con il Movimento per l'autonomia, che ha fatto proprio dell'autonomia una bandiera di identità siciliana. Un'autonomia tanto enfatizzata e rivendicata -soprattutto in una stagione politica di alto livello ideale e istituzionale, legata a uomini e gruppi che, seppure di diversa formazione politico-ideologica, si incontrarono su questo terreno- quanto mai totalmente attuata.
Lo sapevate che prima dell'Italia, è stata la Sicilia ad avere un proprio Statuto? Proprio così, fu il Re Umberto II che il 15 maggio del 1946 emanò un decreto regio che diede vita alla Regione Siciliana, prima ancora della nascita della Repubblica italiana. Che la Sicilia, nel suo Dna, abbia caratteristiche che la differenziano dal resto d'Italia, lo provano, a parte secoli di invasioni subite e la rivolta dei Vespri siciliani, anche nomi come quello di Finocchiaro Aprile, principale teorico dell'autonomia, che era riuscito a coagulare attorno a queste rivendicazioni illustri esponenti della cultura siciliana e una massa di oltre 480 mila aderenti; di Palmiro Togliatti, con il suo storico discorso nel 1947 a Messina per spiegare come e perché il Partito Comunista avrebbe dato sì il suo via libera a un progetto d'autonomia, ma mai e poi mai a un'idea di separazione dal resto d'Italia, sostenuto invece, sin dai tempi del banditismo di Salvatore Giuliano, nella convinzione che la Sicilia potesse diventare uno degli stati federali degli Stati Uniti; di Silvio Milazzo, democristiano che non solo riusciva a costruire nel 1958 un Governo di Unità siciliana, ma che trattava con Krusciov, convinto che la Sicilia dovesse fare affari con l'URSS da potenza a potenza, passando alla storia con il nome di milazzismo, inedita e, per certi versi, pasticciata alleanza fra democristiani, monarchici e sinistra. Ma erano anni delle ideologie, delle idee che venivano prima degli interessi, e di teorici poco abituati a improvvisare. Altri tempi, insomma. Si potrebbe dire che, trascorsi sessant'anni dalla fine della guerra, ancora oggi l'autonomia resta un vento che ha portato la regione più grande della penisola ad avere un'identità, almeno sulla carta, ben consolida già da tempo. Sulla carta, appunto! Ma sostanzialmente mai attuata in toto. L'autonomia della Sicilia resta"scritta"nero su bianco in quello Statuto Speciale che conferisce al Governo isolano competenze esclusive su alcune materie, tra cui beni culturali, agricoltura, sanità, enti locali, polizia forestale. Per quanto riguarda la materia fiscale inoltre, la totalità delle imposte riscosse in Sicilia, dovrebbe rimanere sul territorio. Utopia o realtà? Inoltre, che tipo di autonomia attuare nel XXI secolo? Quella che Raffaele Lombardo ha concepito e cercato di attuare ha fallito. Adesso bisogna fare di più e meglio: quale tra i dieci, almeno per ora, candidati alla presidenza della Regione, lo saprebbe fare meglio? Questa è la domanda che dobbiamo farci nelle prossime settimane.
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