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Quarto anno consecutivo per gli amanti delle biciclette in una competizione autogestita e disorganizzata per scelta
La “Cronoacchianata” in via Sangiuliano
“Pocosfozzo” e “u sai ca hai bellu paru di scappiitennis” alcuni nomi delle due ruote
Maria Cristina Leotta, la vincitrice tra le donne; (foto di Alessio Marchetti)
Avete mai pensato di scalare la mitica salita di Sangiuliano in bicicletta e con l’incubo della cera di Sant’Agata ancora vivissimo?
Pura fantasia - starete pensando - ma grazie alla spiccata inventiva tutta marca Liotro, un’idea nata quasi per gioco è diventata realtà. Con questo spirito la “Cronoacchianata”, una competizione a cronometro senza un’organizzazione vera e propria, dove i ciclisti hanno gareggiano per ottenere il titolo di più veloce e una medaglia tutta particolare con l’unico scopo di “essere il migliore”, pedalando lungo l’acchianata di Sangiuliano, è diventata un appuntamento fisso per Catania. Gli amanti delle scalate si sono incontrati, per il quarto anno consecutivo, la prima domenica successiva alla festa di Sant’Agata, ai Quattro Canti e in sella alle loro biciclette hanno affrontato una gara goliardica con la spensieratezza che solo una bicicletta può dare. I competitors che hanno ideato la ciclo-scalata-spontanea sono veri appassionati delle due ruote, che spesso si ritrovano tra piazza Roma e via Etnea per lunghe passeggiate serali alla scoperta delle bellezze di Catania. Biciclette di qualunque tipo per partecipare alla Cronoscalata, l’unico elemento richiesto era quello che fossero “a propulsione umana”. Una battaglia combattuta a colpi di pedalate, sudore e tanta tanta fatica ma alla fine è stato un cronometro-umano chiamato “occhio-finisch” e piazzato all’incrocio con via Santa Maddalena, a decretare il vincitore. Sui generis anche la misurazione del tempo, decisamente alla catanese. Quanto tempo serve per scalare la salita di Sangiuliano, ancora scivolosa per la cera dei torcioni di Sant’Agata, in bicicletta? Appena 37 secondi e 8 centesimi. Il tempo record (lo scorso anno ce n’erano voluti 43) è di Massimo Finocchiaro, che inforcando la sua “nera” ha sbaragliato tutti i concorrenti. Fra le donne è stata Maria Cristina Leotta ad arrivare prima con un minuto e 07.
Una menzione speciale va fatta per il "record del mondo". Giambattista Petrillo ha infanto il “muro del suono” con i suoi 34.49 secondi, salvo poi rinunciare alla finale per… impegni precedenti!
Il premio? Ovviamente spiritoso, una medaglia ricavata da vecchie corone di biciclette ridipinte. Ma non è mancato l’aperitivo finale e ovviamente al vincitore-scalatore, spetta anche gloria ad aeternum, perché la bicicletta resta pur sempre sinonimo di libertà e indipendenza. E come in ogni gara che si rispetti ecco anche il test antidoping, ovviamente fai date. Ad essere squalificati però in perfetto tema con la manifestazione, tutti quelli che alla fine della salita sono risultati “puliti”.
A presentarsi alla partenza non sono stati gli eredi di Coppi e Bartali, la gara non ha avuto come location le Alpi, ma l’idea di scalare in maniera spensierata l’antico monte Vergine, faticando come se si trattasse di una gara vera, ha conquistato proprio tutti anche i numerosi passanti, che hanno assistito sbigottiti alla gara incitando i partecipanti e spingendoli alla vittoria con un sostegno che non ha avuto nulla da invidiare al Giro d’Italia. E perfino due turisti milanesi hanno organizzato le loro vacanze a cavallo di domenica 9 febbraio, per non mancare all’appuntamento.
Una competizione, come si è evidenziato nel regolamento, autogestita e disorganizzata, insomma una ‘coincidenza ambientalista’, dove per partecipare bastava un pizzico di fantasia, una “compagna a due ruote” con un nome particolare e un friccico di intraprendenza. “Arazziedda”, “Pocosfozzo”, “u sai ca hai bellu paru di scappiitennis”, “costruita da me e non testata” sono solo alcune delle biciclette, che guidate da impavidi condottieri hanno vivacizzato la “Cronoacchianata”, marca Liotro. Esemplari di strane forme ed epoche lontane, con l’unica caratteristica comune di essere ‘a propulsione umana’. I partecipanti poi, avvisati per tempo sono stati responsabili individualmente del proprio comportamento, perché per la gara non è stata chiesta alcuna autorizzazione e quindi la strada è rimasta aperta al traffico, mai eccessivo a dire il vero la domenica mattina. Anche il bar all’angolo di via Santa Maddalena ha aperto apposta per rifocillare i ciclisti, che anche se sfiniti alla fine sono andati via pedalando con la grande soddisfazione di essersi sentiti scalatori per un giorno.
La poesia celebrativa…
Per festeggiare l’edizione 2014 della cronoacchianata, Luca Lisi, cronofratello dei partecipanti alla gara non competitiva di domenica scorsa ha deciso di comporre un acrostico di convocazione che ha spopolato sul web dal titolo CRONOACCHIAMO:
“Continua a tre anni di pendenza.
Recidiva picchì quattru ni m'uccammu.
Organizzati, ma per pura coincidenza:
Non è tempo di indugiare, dai, pattemu.
Ora che quattro sono pure i canti,
All'angolo Etnea con Sangiuliano,
Che mantengano fede tutti quanti,
Che il propellente sia soltanto umano.
Han stilato lo statuto dell'evento,
Individui responsabili e decisi,
All'occorrer di qualunque impedimento:
Nenti sacciu, nenti visti, nuddu 'ntisi.
Infine, sempre quattro, i più veloci,
Ammessi a celebrare il gran finale.
Mi si conceda di unir le nostre voci:
Oggi vinca la coscienza personale”.
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