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La Sicilia delle poesie di Santo Calì chiudono la stagione teatrale della Sala Magma
Guzzetta e Zumbo danno l’anima al “Rèpitu d’amuri”
Un gruppo di attori popolari che hanno dato voce ai versi di Santo Calì
La Sala Magma a Catania ha chiuso la sua stagione teatrale con l’omaggio a Santo Calì, autore di Linguaglossa, scomparso nel 1972, mettendo in scena il suo “Rèpitu d'amuri”, letture della sua opera.
Uno spaccato del mondo raccontato da Nicotra, che sa essere tanto aspro quanto sublime. Sono paradigmatiche della Sicilia e della sicilianità le liriche del docente/agitatore che colpiscono in una attualità spiazzante. Uomo che seppe vivere intensamente gli ideali comunisti, Calì è senza dubbio una delle espressioni più autentiche della poetica siciliana. In lui il siciliano è vera Lingua, e quella siciliana è un'identità (in un'ideale parallelo con il coetaneo e compaesano leader indipendentista Attilio Castrogiovanni, anch'egli portabandiera – pur sotto differenti insegne politiche – di libertà ed eguaglianza) che Santo Calì vive con spiazzante schiettezza. Pregevole la lettura, riproposta in una versione aggiornata dopo anni di assenza dalle scene, che l'esperto autore, regista e scenografo catanese Salvo Nicotra ne propone, affidando ad attori esperti e popolari come Alfio Guzzetta ed Agostino Zumbo ed alle giovani e promettenti Stefania Micale e Lucia Nicotra il compito di dare voce tanto ai versi che alle prose autobiografiche (quasi provocatoriamente proposte da Calì in lingua italiana) che tratteggiano il ritratto dell'inimitabile intellettuale ed attivista che infiammò gli animi e le vicende politiche, culturali ed umane del versante jonico-etneo. Il tutto, cesellato dal suggestivo commento musicale curato appositamente dall'apprezzato autore ed esecutore musicale Paolo Capodanno.
Uno spettacolo, dunque, “sui generis” che il pubblico ha gradito, seguendo con attenzione e interagendo con appropriati applausi. Recependo i contenuti delle liriche, che riportavano temi forse, a torto, attualmente desueti, ma che hanno fatto breccia tra la gente che, forse suo malgrado, si è trovata a dover riflettere. E questo in sala si percepiva nettamente. Tempi, allora, più difficili sotto certi punti di vista, ma più semplici perché si conoscevano regole, limiti e identità.
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